Recentemente, due esempi di (cattiva) comunicazione sono balzati all’onore delle cronache, rivelando macroscopici errori che nessuno vorrebbe mai commettere in questo campo. Il primo è quello dell’acqua minerale Uliveto, che ha ringraziato le atlete della nazionale di volley con una pubblicità a pagina intera, in cui campeggia un’immagine della squadra, con una bella bottiglia a coprire guarda caso le due atlete di colore, Paola Egonu e Miriam Sylla. Ed è stata subito polemica.
“E’ razzismo, non è razzismo, guarda caso proprio sulle atlete di colore, vergogna” e tanti altri commenti sono stati fatti su questa immagine. Acqua Uliveto naturalmente si è affrettata a smentire e a porgere le sue scuse, atto doveroso e apprezzato naturalmente, anche perché nessuna azienda al mondo vorrebbe essere tacciata di razzismo.
Non entriamo nel merito della questione razzismo, consci del fatto che un marchio così importante, anche qualora avesse Hitler come amministratore delegato, per un mero calcolo economico non farebbe mai un autogol di questo tipo. E allora, cos’è successo ? Una spiegazione, molto plausibile, la fornisce l’illustratore Gipi su Twitter:
Non faccio fatica a credere che sia andata davvero più o meno così. La composizione di un’immagine non è sempre facile e i tempi spesso sono strettissimi, nella foto possiamo vedere buona parte della squadra, il tricolore, e la bottiglia con l’etichetta ben visibile in primissimo piano: ricordiamoci che l’intento dell’azienda è di ricordare al consumatore quale bottiglia comprare, e non ottenere voti alle prossime elezioni.
Passiamo all’altro “caso” mediatico, quello dei cosiddetti Ferragnez: per il compleanno di Fedez, sua moglie Chiara, fashion blogger tra le più seguite, organizza – sponsorizzata dalla catena Carrefour – un party in un suo supermercato, in cui gli invitati maltrattano e calpestano cibo buono, aprono vasetti e bottiglie, posano sugli scaffali, lanciano panettoni e scorrazzano nei carrelli della spesa. L’indignazione parte immediatamente, d’altra parte i due fanno dei social buona parte del loro lavoro a tempo pieno, e i follower non mancano. Ma il cattivo gusto dell’operazione è tale che anche i follower più affezionati, che magari sanno bene quanto costi fare la spesa ogni giorno per campare e a cui è stato insegnato che non si gioca con il cibo, non perdonano la stravaganza dei due, già reduci dalle critiche sul modo di comunicare l’operazione a cui si è sottoposto il figlio dei due, Leone.
Il tentativo di riparare al danno ormai fatto è abbastanza inefficace, Fedez prima chiede scusa e dichiara che daranno il cibo in beneficenza, poi chiude temporaneamente i suoi account per non perdere followers, poi se la prende con i programmi come MasterChef in cui a suo dire si sprecherebbe sempre tanto cibo (quando in realtà si parla sempre di quanto siano importanti le materie prime e quanto vadano rispettate).
Insomma un danno dietro l’altro, ma il vero colpevole di tutta questa storia, a mio parere, è chi per Carrefour (responsabile della comunicazione o agenzia esterna) ha approvato la realizzazione dell’evento. Ma a cosa pensavano ?
Prima di tutto, il problema qui è il TARGET: una catena di supermercati si rivolge a persone che fanno la spesa, per sé e per la propria famiglia: padri, madri, nonne, nonni, single giovani lavoratori. Gente che magari non sa nemmeno chi sia la Ferragni, o Fedez, o ne ha sentito parlare solo per il caso dell’acqua da 8€ al litro. Gente che ha uno stipendio spesso nemmeno troppo alto, che fa la spesa tenendo d’occhio il prezzo e la qualità dei prodotti. Cosa voleva ottenere Carrefour da una pubblicità del genere ? Posto che il party si fosse svolto con un tenore più sobrio e rispettoso degli alimenti in vendita, penso che difficilmente una massaia o un padre di famiglia avrebbe detto :”Ma guarda quanta bella roba al Carrefour, quasi quasi la prossima volta andiamo lì a fare la spesa piuttosto che all’Ipercoop o all’Auchan”.
Insomma, Fedez e la Ferragni vanno benissimo se dobbiamo parlare di moda e tendenze, di giovani, di internet, di musica; non vanno per nulla bene se dobbiamo parlare di insalate, panettoni e sughi pronti. Sono mondi distinti e distanti, che nulla hanno a che fare tra di loro: c’era da aspettarsi che non sarebbe finita bene.
Cosa possiamo imparare da tutto ciò ? Oggi la comunicazione, sempre più veloce e capillare sul web, è una cosa serissima:
se è vero che un buon messaggio può centuplicare la sua portata grazie alle condivisioni e alla viralità, è anche vero che un brutto messaggio può essere DEVASTANTE per un marchio con una sua rispettabilità, e non deve essere affidato a persone che improvvisano senza ragionare.
Nel caso Uliveto sarebbe bastato che il grafico (o chi supervisionava la campagna), mettendo la bottiglia davanti alle atlete di colore, si fosse chiesto “Non è che qualcuno se la prende ? Forse è meglio se cerchiamo un’altra foto ?”; nel caso Ferragnez-Carrefour, sarebbe bastato che qualche esperto di marketing avesse posto la domanda :”Ma non è che Fedez e Ferragni non rappresentano il nostro marchio ? Ci siamo messi d’accordo su cosa devono fare, e come ?”.
Piccole cose, piccoli ragionamenti che possono portare risparmi, e forti guadagni, ai marchi rappresentati. E soprattutto non ledere la credibilità di marchi e aziende costruita in tanti anni di duro lavoro.